Due volte contro il Milan alla Scala del calcio, due gol. E altrettante prestazioni strabilianti. Ci sono stadi in cui i grandi campioni tirano fuori qualcosa in più e il rapporto di Jeremy Menez con San Siro è proprio di questo tipo. Perché, ogni volta che il talento francese ha calcato il tappeto verde del Meazza, ha rubato la scena a tutti. Compagni e avversari.
«E sabato - ha detto in patria - voglio fare ancora così bene». La prima volta che si presenta a San Siro contro il Milan è il 24 maggio 2009. La Roma vince 3-2, decidendo di rovinare la festa a Paolo Maldini, che proprio quel giorno concludeva la sua carriera con la maglia rossonera. Fino al 31’ del secondo tempo Menez è in panchina e la partita non si schioda dall’1-1. Poi Jerry entra in campo e decide di accendere la luce: corre, inventa, sbaglia pure qualcosa, ma soprattutto segna e fa segnare. In meno di un quarto d’ora. Il gol è un esempio di classe e rabbia: Pizarro lancia Riise che prolunga, Menez prende palla, si beve il non più giovane Favalli e di sinistro batte Dida.
Ancora al portiere brasiliano Jeremy fa gol qualche mese dopo, il 18 ottobre dello scorso anno: schierato da Ranieri titolare in coppia con Vucinic, lui ripaga la fiducia con una prestazione scintillante. Due rigori procurati, che Rosetti preferisce non dare senza che nessuno sappia il perché, e il gol che apre l’incontro: al 3’ regalo di Thiago Silva, Jeremy ne approfitta e batte, ancora volta, Dida. È una rete inutile, Ronaldinho e Pato ribalteranno il risultato, ma consegna alla Roma un talento incredibile. Che quest’anno ha trovato anche continuità, la cosa che probabilmente più gli mancava. Lui lo sa e a L’Equipedice: «In questo momento sto bene, corro, dribblo, gioco e mi diverto. E per questo penso di meritare la convocazione in Nazionale». Nessuna polemica, però, col ct Blanc: «Rispetto le scelte del tecnico, ma spero di essere chiamato per la partita del 9 febbraio contro il Brasile. Anche perché in questo momento con la Roma mi sembra di essere tornato a giocare come facevo da bambino, in strada». Si vede, verrebbe da dire, visto che anche contro il Bari è stato lui ad illuminare il gioco: «Questo però - aggiunge - non significa che mi diverta a prendere in giro gli avversari, non lo farei mai. Semplicemente, amo inventare». Come lui, amano farlo anche altri grandi talenti francesi tutti nati nell’anno di grazia 1987: «Difenderò sempre questa generazione, che ha visto nascere gente come Ben Arfa, Nasri, Benzema. Noi non facciamo domande, pensiamo solo a giocare e a fare il bene dei nostri club e della Francia». A partire già da sabato: Jeremy è pronto, ancora una volta, a far innamorare la Scala del calcio.
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