L’ultima volta che eravamo stati qui c’erano il sole, ventimila persone e per mezz’ora la Roma campione. Ieri pioveva, non c’erano i tifosi, non c’era il campo e alla fine nemmeno la Roma. Era una partita che non si doveva giocare e la Roma se n’è ricordata nell’intervallo: così come a Palermo ha deciso di non scendere in campo. Sparita dalla partita. Senza trovare più il pallone e nemmeno le palle. Sparita. Anche dal campionato.
Come passa il tempo. Di quel pomeriggio di luce e promesse fatte nello spogliatoio c’è rimasto soltanto il fango. L’immagine è De Rossi, che a maggio giocava, guidava, segnava e piangeva, ieri è uscito espulso strillando contro mezzo mondo ritirandosi nell’inverno del suo, ma, soprattutto, del nostro scontento. Come passa male il tempo. L’unica cosa che è rimasta uguale sta lì apposta a farti più male: il 2-0 all’intervallo, il risultato del primo tempo quando la Roma era campione... Come passa male il secondo tempo.
Sembra tutto alla rovescia, a cominciare alla classifica, a guardare la panchina all’inizio (Totti! Borriello! Menez! Pizarro!), apposta le uniche immagini che ti restituiscono un po’ di Roma in questo week da butta e sono quelle di un brasiliano che segna danzando in un clima da neve, di un altro che sembra ritrovare Copacabana soltanto perché c’è un po’ di sabbia sopra la fanghiglia ma sotto lo zero. Simplicio e Adriano, come a dire ok l’acquisto è giusto (uno è sicuramente giustissimo). I fantasmi si sono materializzati, nel bene e nel male. Tutti. Le partite che per noi durano solo mezza partita, le trasferte che per noi sono viaggi all’impossibile (è Natale e in campionato non abbiamo mai vinto lontano dall’Olimpico) l’ennesima rimonta subita, da 2-0 come col Bologna, come col Napoli, come col Cagliari l’anno scorso, come un triste ritornello che non è vero che Ranieri non canta più.
L’ultima volta che eravamo stati qui c’erano il sole, ventimila persone, per mezz’ora la Roma campione e uno striscione: "chi tifa Roma non perde mai". E’ vero, però certe partite non le puoi pareggiare.
Sembra tutto alla rovescia, a cominciare alla classifica, a guardare la panchina all’inizio (Totti! Borriello! Menez! Pizarro!), apposta le uniche immagini che ti restituiscono un po’ di Roma in questo week da butta e sono quelle di un brasiliano che segna danzando in un clima da neve, di un altro che sembra ritrovare Copacabana soltanto perché c’è un po’ di sabbia sopra la fanghiglia ma sotto lo zero. Simplicio e Adriano, come a dire ok l’acquisto è giusto (uno è sicuramente giustissimo). I fantasmi si sono materializzati, nel bene e nel male. Tutti. Le partite che per noi durano solo mezza partita, le trasferte che per noi sono viaggi all’impossibile (è Natale e in campionato non abbiamo mai vinto lontano dall’Olimpico) l’ennesima rimonta subita, da 2-0 come col Bologna, come col Napoli, come col Cagliari l’anno scorso, come un triste ritornello che non è vero che Ranieri non canta più.
L’ultima volta che eravamo stati qui c’erano il sole, ventimila persone, per mezz’ora la Roma campione e uno striscione: "chi tifa Roma non perde mai". E’ vero, però certe partite non le puoi pareggiare.
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