Noi abbiamo nuovamente vinto. Loro hanno ancora perso. Noi andiamo avanti. Loro salutano e se ne vanno. Che oramai sia una consuetudine lo ricorda De Rossi piegando il pollice all’interno del palmo della mano e salutando, novello Giulio Cesare, i tifosi più belli del mondo. Cesare, il comandante romano più tattico di tutti i tempi.
E all’ennesima disfatta laziale, non a caso, è stato determinante il contributo del nostro comandante Claudio proprio sul piano tattico. Un primo tempo a sorpresa con Adriano e Borriello, statici gladiatori, ha stranito gli aquilotti. Che hanno consumato molta energia. Poi sono entrati gli arcieri a cavallo Menez e Vucinic e la Lazio ha sbragato, aprendosi come un’albicocca di cui Simplicio ha fatto un solo boccone. La Roma ha dimostrato che quando ci crede davvero non può che vincere, anche con un filo di gas. I ragazzi di Reja invece, dopo aver dato un calcio in faccia a Burdisso e non essersi fermati dopo un fallo su De Rossi, pensando furbescamente e poco sportivamente di trarne vantaggio, si interrogano da ore sulla sfortuna che li perseguita. Qualcuno dica loro che la fortuna bacia gli audaci, non i bari. Qualcuno dica loro che tifando Inter e regalandosi a Moratti, macchia indelebile, si sono inimicati non solo il fato, ma anche il Dio Pallone. Che già non li poteva vedere da prima.
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